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venerdì 30 maggio 2014

Deadly Carnage - "Manthe"

Full-lenght, Aeternitas Tenebrarum Musicae Fundamentum, 2014


Interessante band italica giunta al terzo album, pubblicato dall’etichetta ATMF, i Deadly Carnage poco hanno a che fare con il Black Metal propriamente detto. Dopo un inizio Doom-Black, che ha  caratterizzato i primi Demo, la band si è progressivamente allontanata dal Black Metal per abbracciare toni più melodici e atmosferici, orientandosi verso l’Ambient-Doom e verso ciò che oggi viene classificato come Post-Black Metal. Viene da chiedersi per quale motivo una band del genere mandi il proprio lavoro ad una Webzine specializzata proprio nella musica Black, ma, visto che in Italia vengono considerate Black Metal anche band tipo gli Janvs e visto che comunque io sono apertissimo anche ad altri generi, tanto vale recensire anche quest’album...


Innanzitutto, bisogna dire che, finalmente, mi trovo ad avere a che fare con una presentazione dell’opera degna di questo nome: nell'archivio RAR inviatoci sono presenti artwork completo del booklet, presentazione della band e, finalmente, lyrics dettagliate, indispensabili per dare un giudizio completo ed esaustivo sul lavoro svolto. Questo "Manthe" sembra a tutti gli effetti un disco di transizione, come se i Deadly Carnage stessero, alla loro terza opera, entrando in una dimensione musicale del tutto nuova ed inesplorata; le tracce sono molto diverse fra loro e questo, a mio modo di vedere, non è un difetto, ma un pregio. In questa recensione analizzerò quindi ogni singolo brano, cercando di individuare per ogni canzone pregi, difetti ed influenze. Il pezzo in apertura, "Drowned Hope", è molto melodico ed ha tutte le caratteristiche dell’Atmosferic/Depressive Black Metal: melodie lente ed ossessive, alcuni assoli e sofferenza che, come si evince dal titolo, sprizza da tutti i pori. In particolare, questo brano, eseguito con indubbia perizia, mi sembra un misto fra Dolorian (soprattutto per quanto riguarda la prima parte del brano) e Shining. Anche il pezzo successivo, "Dome of the Warden", ha sicuramente una matrice Depressive, ma si allontana in maniera palese tanto dal Black Metal quanto dal sound atmosferico che invece caratterizzava la traccia precedente; la melodia, qui, fa sicuramente da padrona ed i riff di chitarra, davvero belli, uniti ad una voce sofferta ma non disperata, sembrano trasmettere una sorta di nostalgia o malinconia che a me ricorda molto un gruppo Post Punk che ascoltavo continuamente da ragazzino: i Thursday. La musica cambia, e cambia completamente, con il terzo brano "Carved in Dust", che è a mio modesto parere uno dei pezzi meglio riusciti, una sorta di fusione fra Doom, Depressive Black vecchio stile e Post-Black moderno che si sposa perfettamente con la voce sofferente del cantante; ci sono poi ritmi ossessivi ma originali, blast pit che si alternano a semi break down i quali, caso rarissimo di questi tempi, non sono assolutamente forzati: in conclusione, trovo che l’originalità sia il più grande pregio di questo brano. "Beneath Forsaken Skies è invece un pezzo prevalentemente Doom, con chiare influenze Sabbathiane, e di certo non brilla per originalità ma è sicuramente gradevole all’ascolto. Ottimi in particolare gli stacchi di batteria: mi piacerebbe davvero molto sentirlo live perché è in quella dimensione che secondo me un brano del genere sprigiona tutta la sua potenza. Si cambia ancora con "Il Ciclo della Forgia", brano estremamente melodico e solenne che però viene a mio modo di vedere rovinato dalla scelta dell’italiano e del cantato in pulito presente in alcune parti che spezzano l’atmosfera vagamente malinconica del pezzo, un pezzo che forse va addirittura oltre il Metal e si avvicina molto al Rock. Ci tengo a precisare che non condanno a priori l’uso dell’italiano, ma è molto, molto difficile usarlo in maniera adeguata per la sua natura poco musicale (almeno per quanto riguarda la musica Metal). Passiamo quindi al brano che preferisco: "Electric Flood". In questo pezzo, che con i suoi tre minuti e mezzo è il più breve dell'insieme, i Deadly Carnage riescono a fondere perfettamente sofferenza e Groove in uno stile che anche qui si rivela davvero unico e coinvolgente e che in alcuni punti sembra addirittura influenzato dal miglior Melodic Death Metal; voce, chitarra,batteria e basso sembrano agire qui come un unico strumento e la velocità del brano coinvolge molto e incita all’headbanging. In conclusione credo che "Electric Flood" sia un pezzo davvero maestoso e consiglio i Deadly Carnage a proseguire in questa direzione che definirei, appunto, come una sorta di Post-Black Metal. Passiamo alle note dolenti con la title-track: "Manthe". Questo pezzo è sicuramente il peggiore di tutto l’album non tanto perché sia eseguito male, quanto per il fatto che è forzatamente lungo e tende in maniera pericolosissima verso il Progressive Metal di quell’aborto musicale degli Opeth. In "Manthe", infatti, vengono forzatamente fuse parti violente a stacchi completamente melodici in una sorta di orribile esperimento genetico che cerca di unire due animali fra loro completamente incompatibili; terribili in particolare gli attacchi  di basso che partono al minuto 02:35 e al minuto 11:20, cosi come il rallentamento repentino al minuto 07:50; fuori luogo l’uso del pulito\sussurrato per la voce e forzatissima, infine, è anche la durata della canzone, ben quindici minuti di un brano che sarebbe tranquillamente potuto essere scomposto in tre pezzi distinti. Se "Electric Flood" e "Carved in Dust" indicano a loro modo una direzione originale e positiva che potrebbe prendere la band, questa "Manthe" indica esattamente come, a mio modo di vedere, la band non dovrebbe evolversi. Purtroppo proprio il fatto che Manthe sia la title-track mi spaventa parecchio, non vorrei infatti che una band così promettente diventi l’ennesimo gruppo Intellettual\Prog che non si caga nessuno. A parte l’ultimo pezzo, che incide negativamente sulla votazione finale, trovo quest’album assolutamente interessante e vario, impreziosito da ottimi testi che, vero filo conduttore dell’opera, descrivono uno stato emotivo di assoluta disperazione che pervade, come abbiamo visto, gran parte dell’album.  Ci sono anche alcune lyrics vagamente romantiche, ma su questo non ho nulla in contrario, anzi, meglio una canzone che parla in qualche modo d’amore piuttosto che un brano in cui si ripete novecentomila volte “Hail satan!”, come succede in alcuni testi Black anche di band relativamente famose.

In conclusione, posso dire di consigliare l’ascolto di "Manthe" a chiunque non sia solamente un fanatico del Black Metal e che sappia apprezzare anche altri stili.

Recensione a cura di: The Anti-Life
Voto: 72/100


Tracklist:

01.Drowned Hope 07:28
02.Dome of the Warders 06:46
03.Carved in Dust 04:47
04.Beneath Forsaken Skies 05:21
05.Il Ciclo della Forgia 05:59
06.Electric Flood 03:36
07.Manthe 14:35

Durata 48:32

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