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martedì 11 giugno 2013

Nerij - "Lophophora Williamsii And Monochromatic Perceptions"

Full-lenght, Autoprodotto / Indipendente, 2013


Avevamo lasciato l’artista tricolore Nerij alle prese con un primo Demo Ambient\Black Metal con spunti interessanti, ma privo della forza necessaria, almeno nella sperimentazione del medium strutturato e tendente al Depressive di scuola statunitense, per superare la linea di galleggiamento, donante, comunque, discrete emozioni quando, invece di proporre un riffame fotocopiato da Xasthur, le sue creazioni scivolavano nell’oscura dimensione del sovente ed ingiustamente criticato Dark Ambient.



Tastiere gelide, melodie minimali, arrangiamento pressoché inesistente, dogmi inattaccabili del genere, scoprivano nella one-man band un fedelissimo adepto, ora conscio delle sue reali inclinazioni, ritornato su queste pagine portando in dote un lungo, nero, album dal titolo fluviale quanto interminabili sono le composizioni, scevre da qualsivoglia variazione, affidate, quindi, alla capacità di plasmare atmosfere ipnotiche in grado di trascinare l’ascoltatore negli incubi nascosti del quotidiano. Tre tracce, quasi un’ora di runtime, tre varchi, tre bocche grottescamente spalancate su abissi imperscrutabili, contraddittori come solo le paure degli esseri umani, dipinti sfigurati dalle sfuriate di una sei corde irriconoscibile in virtù della pesante effettistica, pareti dipinte di un bianco sfavillante, accecante, impossibile da sopportare per lo sguardo di chiunque.Il lato emotivo è, usualmente, il punto di forza di una release di questa tipologia: in Nerij, in aggiunta, anche il comparto tecnico raccoglie i dovuti onori, nonostante l’apparente pochezza ed essenzialità, rappresentata spesso da un incedere pachidermico, superficialmente senza alcun procedere logico, assai affine alle distorsioni dei concetti musicali operata dall’Harsh Noise, nel quale l’intellettualismo fine a se stesso è soppiantato da una ricerca dapprima psicologica, poi teoretica ed infine pratica di un suono che sia il palpito delle pulsioni negative, dell’Es, dell’odio, ovvero della completa paralisi mentale. Il medesimo procedimento segue il nostro giovane musicista: non v’è nessun appiglio mentre, stupiti, si osserva la demolizione, seppur qui rievocata (dopotutto non siamo più negli anni del Futurismo, vera culla della sperimentazione), di ogni paradigma, fino alla liberazione catartica finale, avvolti dalle fumose spire di "Open Eyes In The Abysmal Nightmare...", la quale ingloba nella sua forma da Grande Antico Lovecraftiano elementi di Power Elettronica, specialmente se l’attenzione del lettore si concentrerà nella produzione del perverso distruttore di sintetizzatori statunitense, il cui volto (e nome, parzialmente almeno) si cela alle spalle dell’onnipotente monicker di Theologian (ex Navicon Torture, discografia immensa, qualità dilazionata), ed ancor più nel dettaglio, alle sfumature neo-cosmiche presenti nella traccia "Bed Of Maggots", compresa nell’album d’esordio per Crucial Blast (sì, sempre la stessa, geniale, etichetta che, con sacrifici economici continui, persevera nel non cessare la sua attività di talent-scout, firmando, inoltre, alcune delle realtà maggiormente sperimentali del panorama underground mondiale, vedasi Gnaw Their Tongues, Nekrasov oppure gli stessi Gulaggh, recensiti in questo sito un paio di mesi fa), amalgami alla perfezione, alla consueta, solidissima base indefinita, racchiusa, se fosse uno scettico a giudicare, in non più di una manciata di accordi trattati attraverso il filtro del riverbero, perfetti nel mantenere una relazione simmetrica con le sporadiche avventure in territorio musicale e filosofico leggermente diversi dal nucleo tematico di partenza. Ovviamente non si ha dinnanzi un lavoro pienamente maturo (lecito emendamento, il ragazzo è giovane!). La lunghezza delle singole parti costituenti il viaggio mentale (il sottotitolo, "Mental Odyssey" è azzeccato) non è continuamente gestita con mestiere: senza criticare con il solo scopo di voler essere fin troppo certosini, il primo episodio, "Shaman Meets The Psychonaut", costituisce l’esperienza migliore, anche (da leggere come corsivato), grazie al ridotto minutaggio (comunque attorno agli otto minuti), in guisa tale che l’utente non corre il rischio di smarrire la concentrazione necessaria prima che il climax o zenit sia raggiunto e portato a compimento. Un pericolo reale, si badi, in un tempo in cui la soglia dell’attenzione individuale sta drammaticamente riposizionando i suoi valori verso il basso a causa della rivoluzione culturale incoraggiata dai nuovi social media. Sarebbe un peccato non riuscire ad assaporare le stilettate gelate che emergono dal vortice infernale di "Open Eyes In The Abysmal Nightmare", in quanto schiavizzati dall’onnipresente tedio.

In generale, tuttavia, la prima opera sulla lunga distanza dello psiconauta tricolore, pianta la sua bandiera nelle gloriose lande dei promossi con nota di merito.

Recensione a cura di: Thanatos
Voto: 73\100

Tracklist:

1.Mental Odyssey I: The Shaman Meets The Psychonaut 8:12
2.Mental Odyssey II: Mescaline And The Antithesis Of Ethereal Visions 25:36
3.Mental Odyssey III: Open Eyes In The Abysmal Nightmare, Where Mental Foundations Are Destained 28:00

Durata 61:48

https://www.facebook.com/pages/Nerij/379637622100546?fref=ts