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lunedì 16 luglio 2012

Vision - "Frayeur"

Full-lenght, Molasar Dreams, 2012

Molte volte le linee di confine sono entità astratte, artificiali, figlie di rigori geometrici, comodità di pensiero, limitatezza di vedute. In tal modo numerose piccole gemme la cui natura è ambigua, di difficile definizione o semplicemente “altra”, sfuggono all’occhio o all’orecchio dell’appassionato. Questo e’ il caso della francese one-man band Vision.


Non ci resta allora che far parlare direttamente l’opera, senza nessun diaframma. Essa, creata da Malkov, colui che si occupa di ogni cosa in questo progetto, offre settanta minuti abbondanti di continua penetrazione fra mondi e generi diversi: da un lato una solida base estrema, esplicitata da chitarre ronzanti ma ficcanti, suonate in tremolo picking (Vision ne è la dimostrazione), dall’altro una schiacciante coltre Dark Ambient, venate da immancabili venature Drone, le quali dilatano all’infinito il respiro delle composizioni (la monumentale "Spleen" incarna questa tendenza). Totalmente assente la sezione ritmica, scelta che s’accorda con gli stilemi della musica d’ambiente, in quanto la percussione è declinata come fattore di disturbo che potrebbe distogliere l’ascoltatore dall’ipnotico ripetersi di concisi musemi; a scandire il serpeggiare monolitico dei brani è la sei corde pulita, impegnata in spesso dissonanti arpeggi, prodromo all’esplosione angosciante e disturbante della sorella distorta. Giocando su questo continuo rapporto, "Frayeur" si configura però nelle vesti di un plot difficilmente assimilabile: distante dall’annichilimento metafisico di Sunn O))) o di Cult Of Luna, incapace di costituire nulla più di un miasmatico insieme di atmosfere, necessita di particolari accorgimenti per poter osservare la sua impenetrabile corazza scalfirsi leggermente. Nonostante un impegno encomiabile sia stato profuso nell’orchestrare la successione dei singoli episodi, essi non hanno abbastanza carattere per assumere sulle proprie spalle, svincolandosi gli uni dagli altri, il peso della responsabilità dell’individualità. Ciò costringe il fruitore ad assaggiare l’amaro fiele in un unico, terribile sorso, scendendo a patti con l’insopportabile gravezza di un album il quale colpisce, pur possedendo nel complesso armi psicologiche più che autenticamente contundenti, cominciando dall’interno dell’anima, per poi successivamente risalire alla gola, alla mente, al corpo stesso nella sua interezza.

Le immagini evocate, disfacimenti onirici, incubi diurni mischiati a intossicazioni industriali, tumori alle pupille ed odio per i legacci degli orari delle ferrovie, sangue e visioni nucleari, abbinate ad una stanza caduta improvvisamente nella penombra, ricostruiscono scenari familiari ai videogiocatori della saga di Silent Hill, specialmente se la nostra memoria abbraccia ancora il dramma interiore dei primi due capitoli. Si tratta quindi di una violenza che giunge da mondi altri, di timor panico non definibile, rappresentato dai tremolanti sintetizzatori che accompagnano instancabili gli accordi minori, alfieri di un male di vivere insopprimibile ed ineluttabile (nel concept l’influenza di Baudelaire è decisa).

Nessun appiglio è generosamente indicato a chi intraprende la via di "Frayeur": né melodia (eresia!), né armonia vera e propria (le progressioni rispettano alcune regole compositive, ma vanno ben oltre) allignano nei solchi dell’opera prima del francese. L'alone di mistero eclissa a noi poveri mortali il segreto, il cuore pulsante di un album umbratile, umorale, affilato come uno specchio infranto a terra. Benché alcuni angoli taglienti siano smussati da una produzione sufficientemente curata, il pericolo di lacerarsi le carni sfiorando "Frayeur" è purtroppo palese, volendo sorpassare la linea tracciata sul terreno dal gesso. Avrete voi il coraggio di valicare la frontiera?

Recensione a cura di: Thanatos
Voto: 75/100


Tracklist:

1.Vision 13:05
2.Dark Dreams 14:05
3.Frayeur 8:44
4.Hypnose 11:38
5.Spleen 21:05

http://www.myspace.com/malkovvision